DIALOGO ISLAMO CRISTIANO
100 quistate e, solo successivamente, pensare a convertire le loro popolazioni. Dunque, se ‚ vero che nella maggior parte dei casi i mu- sulmani non hanno costretto con la forza le popolazioni a convertirsi all’Islam, le pressio- ni continue, sia economiche sia sociali, han- no spinto la maggioranza di queste popola- zioni a diventare musulmane per sfuggire alle imposte con cui i musulmani alimentava- no nuove guerre e conquiste. L’occupazione dell’Egitto, ad esempio, ‚ avvenuta in mani rappacifica, nel senso che gli egiziani si sono arresi accettando di versare ai musulmani la tassa pro capite, la jizya, e quella sul terreno, il kharàj. Queste imposte, sempre più gravose, hanno fatto sì che molti egiziani cristiani passassero all’Islam. E lo stesso vale per molti altri Paesi del Medio Oriente. Eppure il Corano dice che non ci deve essere costrizione in materia di fede (“Non vi sia costrizione nella religione! La retta via ben si distingue dall’errore. Chi rinnega gli idoli e crede in Dio afferra un’im- pugnatura saldissima che mai si spezza: Dio ascolta e sa ogni cosa! Dio ‚ il patrono di quelli che credono: ‚ Lui che li fa uscire dalle tenebre alla luce; ma i patroni di quelli che non credono sono gli idoli, che li fanno uscire dalla luce alle tenebre. I miscredenti finiran- no nel fuoco e vi resteranno per sempre”; 2, 256-7). Nel Corano si trovano sia dei versetti che sono in favore della tolleranza religiosa, (non uguaglianza), sia altri che sono apertamen- te contrari a questa tolleranza. Esistono due letture del Corano e della sunna, due scelte diverse, l’una aggressiva e l’altra pacifica, ambedue accettabili. Ci vorrebbe un’autorità, unanimemente riconosciuta dai musulmani, che possa dire: d’ora in poi, solo questo ver- setto ha valore. Ma questo non accade. La pace ‚ un bene prezioso: ‚ la condizione di un Paese che non sia sconvolto da guerre civili, privo di conflitti e tensioni tra le diver- se classi sociali, armonia, uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. † vero che dove l’Islam ‚ presente non possiamo parlare di società senza incontrare la dimensione re- ligiosa e, inversamente , non possiamo af- fermare nulla dell’Islam senza stabili e un collegamento con la società in cui vive e si evolve. Visto questa premessa, mi chiedo se la legge islamica di un Paese possa garantire la pace ai suoi cittadini, oppure lei stessa ‚ fonte di odio e dissapori? I cardini della sharia sono: la fonte divina della legge coranica, la non li- bertà di scelta religiosa, la non uguaglianza tra i cittadini ed i diritti della donna dimez- zati rispetto all’uomo. Questa legge religiosa islamica condiziona la vita del Paese, delle famiglie, delle persone e, dunque, permea i Paesi islamici ed i centri islamici (in Italia o altrove) dove gli immigrati arabi musulmani si aggregano. La situazione giuridica del cri- stiano, e in qualche modo anche della donna, ‚ critica nei Paesi soggetti alla sharia, e non porta pace, (Egitto, Sudan, Libano…) a meno che tutta la popolazione abbia interamente abbracciato l’Islam (Libia, Paesi del Magreb, Afghanistan) oppure che non esistano delle minoranze. Vorrei concludere con una nota positiva per le anime di buona volontà, mu- sulmani cristiani. Per noi cristiani, l’Islam ha una sua grandezza che merita di essere conosciuta per se stessa, senza il confronto con il Cristianesimo con il quale, dobbiamo ammetterlo, esistono anche dei nodi critici, non superati e che sono stati evidenziati. Purtroppo l’immagine che l’Islam ufficiale dà oggi di sè, contraddittoria ed i media non danno risalto a questa spiritualità. Sembra prestare maggiore attenzione a questioni che hanno radici di costume e di tradizioni piuttosto che religiose (il velo, coprire il corpo della donna, la discriminazione tra i sessi) e non alla dimensione interiore della persona. Dei 6236 versetti del Corano, soltanto il 3% si occupa del diritto e delle questioni penali, mentre la quasi totalità di esso tratta della
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