DIALOGO ISLAMO CRISTIANO

106 Ancora pia sorprendente: l’esodo dei cri- stiani si svolge sotto i nostri occhi nel secolo XXI, senza suscitare compassione o curiosi- tà mediatica . Il caso più lampante è quello dei palestinesi cristiani di Cisgiordania: venti anni fa formavano il 15% della popolazione locale; dopo la costituzione di un potere pa- lestinese autonomo, nel 1994, non sono più del 2 o 3%. Una situazione analoga si delinea in Egit- to, dove la minoranza cristiana copta, ieri fiorente, si è un po’alla volta ridotta a emi- grare. La sfida dell’Islam radicale I cristiani hanno potuto essere tollerati dai poteri musulmani in certe epoche e in cer- ti luoghi. Quando le circostanze cambiano, questa tolleranza sparisce. La conquista araba e successivamente la conquista turca hanno messo in atto una identica strategia: qualche operazione militare decisiva per- mette ai musulmani di prendere il controllo politico di una provincia o di uno Stato: il nuovo potere provoca in seguito divisioni tra i cristiani; infine il regime della dhimma (protezione) impone un miscuglio di misure discriminatorie e di oppressione finanziaria e spinge un po’ alla volta i cristiani a con- vertirsi, anche intere famiglie o comunità. Così un Paese che era cristiano al 90%, si ritrova a ospitare una minoranza cristiana ridotta a uno statuto di secondo piano, co- stretta a emigrare. In certi Paesi islamici il fenomeno si accele- ra con la crescita di movimenti integralisti o islamisti all’interno della società musulma- na, che predicano una jihad permanente e l’esclusione totale dei non musulmani dalle zone di antica islamizzazione, come il mon- do arabo. In questo momento, non esistendo nei Pae- si arabi la separazione tra Stato e religione, è soltanto la diversa applicazione delle leggi islamiche a differenziare l’Islam «radicale» o «integralista» da quello «moderato». Tut- to ciò in un Islam che, costituzionalmente, dovrebbe consentire la libertà di culto e di scelta religiosa, non dovrebbe vietare l’e- sercizio di alcune professioni alle donne e ai non musulmani; un Islam dove dovrebbero vigere libertà di pensiero, di scelta religiosa, di uguaglianza di diritti tra i cittadini senza alcuna discriminazione di sesso o di credo. La varietà nella Croce I cristiani del Medio Oriente, copti in Egitto, maroniti in Libano, caldei in Irak, armeni in Turchia, melchiti o ortodossi in Siria, o an- cora palestinesi di Betlemme, conoscono da più di mezzo secolo un esodo silenzioso cacciati dalle loro terre a causa della guerra e della pressione dell’Islam. Il numero dei cristiani emigrati è andato aumentando ne- gli ultimi anni; quelli che rimangono nei Pa- esi arabi sono in continua diminuzione, sof- frono del complesso del ghetto e vedono un futuro incerto. Al pari del resto della popola- zione, i giovani, per la difficoltà di trovare un lavoro e per la crisi degli alloggi, preferisco- no formare una famiglia e crearsi una nuo- va vita altrove, con la triste conseguenza di tornare al paese natale solo come turisti. Vi sono inoltre difficoltà e impedimenti di va- rio ordine che non consentono ai patriarchi orientali cattolici di seguire nella diaspora i fedeli del proprio rito. Perciò l’emigrazio- ne dei cristiani può significare la condanna all’estinzione delle Chiese orientali. Una pa- noramica delle singole Chiese può rendere l’idea di quanto esile sia la presenza cristia- na nel mondo arabo erede dell’impero ot- tomano. Arabia Saudita Il cristianesimo e l’ebraismo sono proibiti nel regno, col pretesto che la penisola ara- bica, terra santa dell’Islam è assimilata a una moschea. I cristiani non possono cele- brare il loro culto. Il proselitismo comporta, come minimo, l’espulsione immediata.

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