DIALOGO ISLAMO CRISTIANO
15 commento de “Il Sole24ore” del 15 maggio 1991, anniversario della nascita dello stato d’Israele, sotto il titolo: La Cee offre l’asso- ciazione a Israele. Riprendo testualmente “Il ragionamento della diploma zia italiana è questo: se la dinamica di pace troverà finalmente spazio, lo stato ebraico, con la sua democrazia e la sua sviluppata econo- mia di mercato, rischia di trovarsi isolato in un’area dove crescerà la coesione tra i paesi arabi”. I fattori che potrebbero portare lo stato d’Israele ad un isolazionismo sono gli stes- si che minacciano la libera esistenza delle minoranze arabe cristiane minate nelle loro stesse radici dalla rigida applicazione delle leggi islamiche. A livello internazionale ci si occupa, giu- stamente, dei problemi dei vari popoli che sono costretti ad emigrare dal proprio pae- se, soprattutto per motivi politici e religiosi (ad esempio: i Kurdi, i Misquitos del Centro America, i Vietnamiti, i Cambogiani...). Pur troppo il caso degli arabo-cristiani vie ne quasi totalmente ignorato dalla storia, dai mass-media e dalle forze politiche: è in atto così la distruzione di secoli di convivenza e di dialogo interreligioso fra musulmani e cristiani. La conseguenza di questo stato di tensione è che la paura o la fame o il fu- turo incerto spingono gli arabi cristiani ad emigrare. Il futuro della presenza cristiana è il punto centrale del prossimo Sinodo dei Vescovi del Libano, convocato dal Papa. Pace OLP-Israele L’accordo firmato fra Israele e l’OLP il 13 settembre scorso ha con gelato la situazio- ne della diaspora palestinese e la comunità internazionale si è impegnata a investire massiccia mente nella regione. Con la sta- bilità politica di questa turbolenta regione non è impensabile che Israele voglia pren- dersi la leadership economica per far da ponte fra arabi e Occidente, ruolo un tempo svolto dal Libano la cui stabilità e prosperità erano invidiate dai vicini. Cosa riserva allo- ra il futuro al Libano e alla presenza cristia- na nel mondo arabo? Quarantasette fra stati e organizzazioni in- ternazionali, neanche venti giorni dopo la stretta di mano fra Rabin e Arafat, hanno promesso di tirar fuori due miliardi di dollari da spendere nei prossimi cinque anni nei territori occupati. Il Ministro degli Esteri della CEE ha dichia- rato: “Una popolazione frustrata nelle sue aspirazioni in termini di istruzione, assi- stenza, salute, prosperità, sarebbe facile preda del disordine politico, continuando a rappresentare una minaccia per la stabilità della regione e del mondo”. Constato che le nazioni si sono impegnate con estrema im- mediatezza ad aiutare economicamente la nuova realtà israelo-palestinese lasciando il Libano alla mercé di iniziative private guida- te dal la logica del profitto, cioè del tanto e presto. Questa politica sacrifica lo sviluppo economico del paese e il benessere della popolazione delegando la Siria a garantire l’ordine sociale minato dalla povertà e dalle strumentalizzazioni fondamentaliste. Sperare centro ogni speranza A differenza del mancato appoggio effetti- vo a Sadat dopo l’accordo di Camp David nel 1978, culminato con il suo assassinio, la comunità internazionale ha finalmente av- vertito l’urgenza di rafforzare chi ha avuto il coraggio di scegliere la strada del dialogo e ha prontamente organizzato i finanziamenti a sostegno della pace nella regione. Gli orizzonti dei progetti in fase di sviluppo alla Banca Mondiale vanno oltre la stret- ta di mano fra Israele e Olp e mirano alla creazione di una grande regione medio-o- rientale che si estende a tutto il bacino Sud del Mediterraneo, destinata a diventare un gran de blocco a garanzia della pace e della prosperità economica. L’obiettivo è quello di privilegiare gli interventi comuni, per cre- are legami più stretti tra Israele, i territori occupati e il resto della regione; far nascere e prosperare una grande zona a mercato
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