DIALOGO ISLAMO CRISTIANO

187 no sottomettendo i popoli a nome della Umma. Il Cardinal Martini aveva segna- lato che “l’islam non solo fede personale, è realtà comunitaria molto compatta, una parola d’ordine lanciata da qualche voce autorevole può ricompattare e ricondurre a unità serrata”. A differenza del cittadi- no europeo e in particolare dell’italiano, è da ricordare che il cittadino arabo sia cristiano che musulmano, ha una identità intimamente legata al suo credo religioso e alla sua comunità prima ancora che allo stato di appartenenza. Valori Universali e Diritti Umani I venticinque paesi più poveri del globo sono in Africa dove si svolgono gravi ge- nocidi, guerre tra etnie e comunità diversi, la maggior parte hanno in comune la leg- ge islamica sono cresciuti in paesi che non separano la religione dall'ordinamento dello stato e non è consentito che la libertà di scelta religiosa possa rimanere un fatto personale. La maggior parte dei migran- ti nonostante una mentalità di pregiudizi verso l’Europa assimilata al cristianesimo, continua a preferirla rispetto a paesi isla- mici con ampi territori relativamente poco distanti, più ricchi con abbondante bisogno di mano d’opera non locale. Certo che l’andamento dell’immigrazione sarà in costante aumento fintanto che non ci sarà uno sviluppo culturale ed econo- mico dei paesi più poveri, e che i governi dei paesi più ricchi non avranno attuato di comune accordo una politica di program- mazione di aiuto economico mirato con- temporaneamente alle risorse umane, di sicurezza e stabilizzazione politica. . Si richiede alla politica una visione di lungo termine che mira ad una più equa distribu- zione delle ricchezze e di una sana gestio- ne degli elementi umani con il riconosci- mento unanime di Valori Universali, diritti umani e dignità della persona. Salvare vite umane: day after Ci rende onore il fatto di aver salvato mi- gliaia di vite umane in fuga dalla riva sud del Mediterraneo. Purtroppo non ci è fatto di conoscere come vanno gestiti gli aspetti sociali, religiosi e culturali dei nuovi arrivati in uguale misura e di pari passo, con gli aspetti economici, per fare si che i nuovi approdati siano fattori di convivenza e non di divisione e di conflitti. Infatti, l’ arabo è abituato a vivere in un ambiente monoculturale, l’emigrazione globale lo mette a confronto con ambienti diversificati che lo spinge a rinchiudersi, manca un acculturamento che lo accom- pagni fuori dal mondo islamico. Lo stesso può valere per il paese di accoglienza che accetta nuovi cittadini senza predisporre una politica di integrazione adeguata. Le nuove leve, specialmente universita- rie, sradicate dal proprio contesto rura- le, in possesso di una laurea ma non di un lavoro, sono diventate facili prede di movimenti molto diffusi che coltivano la mentalità anti-occidentale «materialista e corrotto, ateo e miscredente», colpevoliz- zando l’Occidente, (assimilato in generale al mondo cristiano) per la propria arretra- tezza economica e tecnologica e per l’ap- poggio dato alla costituzione dello stato d’Israele. Il loro motto “jih d è la nostra via, morire nella via di All h è la nostra su- prema speranza" in contrasto con “salvare vite ad ogni costo”. Sono situazioni che richiedono da parte dello stato che accoglie un programma educativo di acculturamento ai principi della nostra società civile: distinzione tra religione e stato, libertà religiosa, parità di diritti e doveri tra i cittadini senza distin- zione. L’Italia dovrebbe essere orgogliosa di mo- strare la sua identità senza falso pudore, non lasciar campo libero ai falsi profeti; accompagnare i nuovi arrivati significa anche una opportunità per un loro libero sviluppo spirituale premessa per un dialo- go proficuo tra i popoli. Salvare le vite e

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