DIALOGO ISLAMO CRISTIANO

238 difesa a oltranza dell’identità e della logica della separatezza. Questioni quali il velo, il presepe o il crocefisso interessano una ri- strettissima minoranza, vuoi di ottusi fon- damentalisti, vuoi di italiani convertiti che hanno preso in odio la loro cultura d’origine, vuoi infine di laici oltranzisti che approfitta- no del pluralismo per sollevare pretestuose e trite eccezioni di costituzionalità... Una commedia all’italiana su sacrosanti principii che convive con una sostanziale mancata gestione dei fenomeni, lasciando passa- re surrettiziamente il messaggio che nel Belpaese non esistono regole certe e che si può fare un po’ quel che si vuole, in at- tesa che qualcuno ci metta una pezza. E’ certamente vero che scuole straniere o confessionali sono previste dall’ordinamen- to vigente, per cui non si vede il motivo di negare l’autorizzazione a una scuola araba o islamica dato che ce ne sono di cattoli- che o ebraiche, di francesi o americane... ma nel quadro di accordi coi paesi d’origine e comunque nel rispetto delle normative. Una scuola straniera, in genere, si giustifica per alunni che risiedano solo per pochi anni in un altro paese e che vogliano evitare di perdere anni di studio. Le statistiche ci di- cono invece che oltre il 90% dei figli degli immigrati arabi sono destinati a rimanere per sempre in Italia. Pretendere di far loro seguire l’intero programma del paese d’ori- gine, a scapito di una decente acquisizione della lingua e della cultura italiana, è prima di tutto un assurdo pedagogico in quanto considera il bambino un recipiente vuoto nel quale si possono versare indiscrimina- tamente tutte le nozioni che si vogliono, raddoppiandone l’impegno e facendo finta d’ignorare che sarà il futuro degli stessi al- lievi a presentare loro il conto fallimentare di una simile pretesa. La Consulta islamica, che sta polemizzando a Roma sui massimi sistemi, non ha nulla da dire in proposito? La stragrande maggioranza degli studen- ti musulmani d’Italia non troverà certo nel “modello” di via Ventura una panacea. Lo stesso Tariq Ramadan, che gode di grande stima soprattutto presso le nuove genera- zioni islamiche europee nonché nipote del fondatore dei Fratelli Musulmani, nel suo ul- timo libro tradotto in italiano denuncia sen- za mezzi termini: “se consideriamo la tota- lità delle comunità musulmane che vivono in Occidente, queste scuole non accolgono che una piccola percentuale di bambini e in questo senso difficilmente possono appari- re come ‘la soluzione’... occorre studiare i motivi che hanno portato alla creazione di simili scuole: nella maggior parte dei casi, l’obiettivo era quello di proteggere i giovani dalla cattiva influenza delle società, di al- lontanarli da un ambiente malsano, di farli vivere ‘tra musulmani’... ciò che si ottiene, a ben guardare, sono spazi chiusi, ‘artificial- mente islamici’, quasi totalmente distaccati dalla società circostante... Il personale do- cente d’altronde è spesso poco preparato, e molti degli insegnati non hanno alcun ba- gaglio pedagogico...”. Quanti parlano senza competenza della questione sono al corren- te che i libri di testo egiziani sono sempre più ‘islamizzati’ e che in Egitto non esistono docenti di arabo che non siano musulmani, non solo nelle scuole statali, ma persino in quelle private e straniere, poiché un ‘infe- dele’ non è ritenuto degno d’insegnare la lingua sacra del Corano?

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