DIALOGO ISLAMO CRISTIANO
42 2. Rapporto personale L’urgenza dei problemi futuri ci deve con- vincere della necessità di ricercare mo- menti concreti di dialogo e condivisione, privilegiando il contatto personale. E’ nel rapporto diretto con l’altro che è possibile un incontro autentico, al di là delle dispute teologiche. L’incontro personale con i nostri fratelli musulmani, ci prometterà di scoprire le differenze ma anche le molte consonanze capaci di rinsaldare sempre di più il dialogo. Se tutto quanto detto finora è vero, non possiamo che rimarca e ancora una volta che il servizio reso in Occidente dai centri di accoglienza per gli mm grati non deve essere fine a se stesso. Occorre cercare di stabilire un lega e, un incontro anche a livello spirituale. I valori della conoscenza reciproca e della libertà religiosa sperimen- tati in Europa devono costituire una spinta per far cadere atteggia enti e impedimenti legali che ostacolano l’uguaglianza nei diritti umani e della libertà religiosa, e un rapporto fraterno fra i credenti nell’unico Dio. Cristiani e musulmani hanno il dovere di cercare per i problemi fondamentali solu- zioni dettate dalla fede in Dio e dall’amore degli uomini. “Cos’é l’uomo? Qual’é il si- gnificato del dolore, del male, della morte che malgrado ogni progresso continuano a sussistere? Cosa valgono queste conquiste a cosi caro prezzo raggiunte? Che cosa reca l’uomo alla società, e cosa può attendersi da essa? Cosa ci sarà dopo questa vita? (Gaudium et Spes, n.10)”. 3. Cultura per dialogare Secondo lo storico italiano Franco Cardi- ni, solo la cultura è in grado di favorire la conoscenza dell’altro e il ravvicinamento fra le due rive del Mediterraneo. “Sappia- mo bene che molti mali, a cominciare dalla diffidenza e dall’incomprensione, vengono dall’ignoranza: ecco perché insistiamo sulla necessità di conoscere la varia e articolata realtà del mondo vicino-orientale. Una real- tà che va non solo studiata, ma anche difesa nella sua multiforme sostanza. Oggi circola in Occidente una funesta retorica dell’ap- piattimento, dell’omologazione, dell’assi- milazione: come se la diversità fosse, in se stessa, portatrice solo d’incomprensione e di ostilità. E’ vero forse addirittura il contra- rio: solo attraverso la piena e cosciente ac- cettazione della propria identità (etnica, reli- giosa, culturale) che s’impianta il confronto; e che su di esso si costruisce un dialogo che non deve risolversi in forme di sincre- tismo livellatore bensì nel riconoscimento della complementarità di ogni cultura nei confronti del mondo e della storia. Amare gli altri attraverso se stessi; riconoscere gli altri in se stessi; saper distinguere le trac- ce delle radici comuni che ci uniscono agli altri e pertanto quell’unità profonda che esi- ste anche se, agli sguardi superficiali, può presentarsi come diversità. Questo ci sem- bra al giorno d’oggi importante. “(La Porta d’Oriente Newsletter dicembre 1993, ENEC Europe-Near East Centre, pp.3).. Tutti oggi parlano di pace sulla terra, ma il significato comune è diventato quello di “assenza di guerra”. Noi vorremmo dare a questo termine un senso più ampio, utiliz- zando tutti i mezzi in nostro possesso per incrementare la conoscenza reciproca fra i popoli e consolidare il sentimento di fratel- lanza tra gli uomini. Tra gli ambiti in cui è possibile questa azio- ne vi è il turismo, che permette di abbinare l’aspetto socio-culturale alle semplici visi- te archeologiche o ai soggiorni di piacere, sviluppando la conoscenza reciproca. Vi è poi il mondo accademico, dove è possibile proporre momenti di confronto fra le cultu- re per ampliare gli orizzonti dei giovani uni- versitari che possono più facilmente essere tentati delle teorie estremiste. Nel mondo della scuola in generale posso-
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