DIALOGO ISLAMO CRISTIANO
48 di stipulare un contratto tra i futuri coniugi con il quale, per iscritto, il marito si impegna a garantire alla donna il diritto al lavoro, all’i- struzione, agli spostamenti e ai viaggi, al di- vorzio incondizionato, oltre a tutti i diritti che potrà esercitare senza che sia necessario il consenso del marito. La proposta di legge è stata formulata dalla Conferenza Nazionale per le donne tenuta nel giugno 1994 sotto la presidenza nientemeno di Susanna Muba- rak, moglie del Presidente egiziano. La shar’ia ha forgiato la mentalità e la con- dotta dei popoli islamici, in relazione alla questione dei diritti umani e della libertà reli- giosa. Un esempio è quello degli abusi com- piuti sulle donne in nome della legge divina secondo la quale si giustificherebbe l’usan- za antichissima e crudele dell’escissione dei genitali femminili non appena si raggiunge la pubertà. (2) I giuristi musulmani sono discordi nell’attri- buire questa pratica ad un dovere religioso o piuttosto ad un’antica tradizione incorporata nei precetti della shari’a. In occasione della Conferenza del Cairo su popolazione e svi- luppo (settembre 1994), Gad El-Haq Ali Gad El- Haq, rettore della prestigiosa università islamica Al Azhar del Cairo, si dice favore- vole all’escissione che farebbe “onore alle donne che la praticano”, e cita alcuni detti di Muhammad ed il pensiero di un teologo medioevale che sosteneva che “i musulma- ni debbono prendere le armi contro le na- zioni che abbandonano questa pratica”. Gli risponde Sayed Tantawi, Gran Mufti (capo supremo religioso) d’Egitto, che nega ogni riferimento a Muhammad, lasciando ogni decisione in merito ai medici. In Egitto si contano circa mille interventi di questo tipo al giorno.(3) Poiché l’islam non riconosce una suprema autorità religiosa, l’applicazione della legge religiosa risente di interpretazioni spesso in contraddizione tra loro, e risulta difficile affer- mare in modo categorico quale sia l’applica- zione corretta dei dettami dell’Islam. Possiamo dunque ribadire che all’inter- no dell’Islam non esiste una voce univoca e un capo supremo che legiferi in nome di tutti. Di qui la difficoltà a trovare un interlo- cutore che rappresenti i musulmani. Quella di un’autorità centrale é un’esigenza molto sentita nel mondo musulmano, tanto che se ne è discusso anche nella riunione dei capi di stato dei paesi islamici che si é tenuta a Casablanca (Marocco) nel dicembre 1994. In questa occasione si è discusso anche della posizione dell’islam di fronte alle sfide della modernità. Uno dei problemi di fronte ai quali si trovano gli uomini chiamati ad applicare la shari’a in nome di Dio è come poter conoscere la sua volontà, esponendosi ad accuse di eresia da parte dei fondamentalisti, che affermano che essi non si uniformano alla volontà divina, con tutte le conseguenze legali che ne de- rivano. Citiamo, al riguardo, un intervento di Hussein Kouatly, direttore di Dar al-Fetwa, la massi- ma istituzione religiosa islamica in Libano: “I cittadini musulmani hanno il dovere di appoggiare l’autorità islamica; nel caso que- sta non applichi la legge islamica, debbono adoperarsi per abolirla e dichiarare la guerra santa (Jihad) sino alla presa del potere. Nel caso fossero in situazione di minoranza, i musulmani possono accettare formule di compromesso continuando a lavorare con tutti i mezzi per ottenere il potere al momen- to opportuno”. ( Le Reveil, 18.7.1978 ). Nonostante diverse voci si levino con in- sistenza a reclamare una più moderna ap- plicazione della legge coranica, le punizioni corporali sono tuttora praticate in Sudan, Arabia, Iran e Pakistan. Esse prevedono, tra l’altro, il taglio della mano, la fustigazio-
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