DIALOGO ISLAMO CRISTIANO

49 ne pubblica, la lapidazione e l’impiccagione. I trattamenti discriminatori verso i dhimmi (ciò i non musulmani appartenenti alle religioni del libro) hanno il loro fondamento nella sha- ri’a, ma la loro attuazione dipende dal tempo e dal luogo. 4. Non musulmani: un mondo a parte La libertà religiosa dei non musulmani è uno dei nodi più delicati del diritto islamico. Se- condo la dottrina tradizionale, i non musul- mani devono osservare precise condizioni per potere convivere all’interno del Dar el Islam, cioè il mondo islamico. Il concetto di tolleranza nell’Islam delle ori- gini era molto simile a quello cristiano dello stesso periodo. Non avendo subito il diritto islamico nessun tipo di evoluzione, anche il concetto di tolleranza religiosa all’interno dell’ordinamento musulmano è fermo a se- coli fa. Ebrei, cristiani e zoroastriani, i cosiddetti” po- poli del libro”, erano considerati “protetti” e come tali godevano di una certa autonomia all’interno di un ordinamento legislativo che discriminava pesantemente i non musulma- ni. I principali vincoli riguardavano l’abbiglia- mento, il versamento di tasse speciali per garantirsi dalla confisca dei beni e per assi- curarsi la permanenza sulla terra, l’accesso agli incarichi pubblici, la testimonianza in giudizio contro un musulmano, l’interdizione al servizio militare, la regolamentazione del culto religioso (che doveva essere discreto), il divieto di edificazione di templi e chiese, la proibizione di esporre in pubblico croci o altri segni di culto. (5) Sono dunque molti gli anacronismi in cui cade la legislazione islamica. Per esempio, quando all’interno di una coppia che ha contratto matrimonio cristiano uno dei due coniugi si converte all’Islam, i figli minorenni diventano automaticamente musulmani, in quanto la shari’a affida l’educazione dei figli alla religione ritenuta perfetta. 5. Diritto internazionale e Shari’a Da un confronto tra la Dichiarazione Uni- versale dei Diritti dell’Uomo (approvata dal- le Nazioni Unite il 10 dicembre 1948) e la shari’a possiamo trarre ulteriori elementi di riflessione circa la libertà religiosa e i diritti umani nell’islam. (6) Recita l’articolo 1: “Tutti gli esseri umani na- scono liberi e uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e de- vono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”. Il diritto islamico stabilisce una differenza categorica tra le prerogative dei musulma- ni e quelle dei dhimmi , considerati cittadini di serie inferiore. Lo spirito di fratellanza ri- chiamato dalla Dichiarazione Universale nel mondo islamico vale solo per i musulmani, e non è estensibile ai non musulmani. “Ad ogni individuo - afferma l’articolo 2 - spettano tutti i diritti e tutte le libertà enuncia- te nella presente Dichiarazione, senza distin- zione alcuna per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, d origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione”. Per la shari’a l’unico detentore di questi diritti è il musulmano di sesso maschile. La donna è in una posizione subordinata. Gli articoli 4 e 5 riguardano la schiavitù e la tortura (“Nessun individuo può essere sotto- posto a tortura o a trattamento o punizione crudeli, inumani o degradanti”, art. 5). Come si può conciliare questa enunciazione con le pratiche dell’amputazione, della lapi- dazione e della fustigazione largamente in vi- gore nei paesi islamici di stretta osservanza (Pakistan, Arabia saudita, Iran, Sudan) ?. Gli articoli 6 e 7 riconoscono ad ogni uomo l’uguaglianza di fronte alla legge e il sacro-

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