DIALOGO ISLAMO CRISTIANO
86 IRAK NON SOLO PETROLIO - II 12-2003 Non è utopia Un arabo cristiano ci scrive sull’Iraq. Si chiama Giuseppe Samir Eid ed è autore di saggi sui rapporti tra cristianesimo, ebrai- smo e islam. All’analisi che ci ha trasmesso ha dato per titolo: “Iraq: non solo petrolio”. Titolo appropriato. Perché la scommessa sul futuro del paese del Tigri e dell’Eufrate va molto oltre la ricchezza materiale. é un progetto di libera e pacifica convivenza tra popoli e religioni. E proprio dall’Iraq questo futuro può nascere e ridare speranza an- che alla Terra Santa e al Libano e a tutto il tormentato Medio Oriente. “Non è utopia”, conclude Samir Eid la sua analisi. Leggere per credere. La guerra del Golfo La scommessa sul futuro del paese del Ti- gri e dell’Eufrate va molto oltre la ricchezza materiale; é un progetto di libera e pacifica convivenza tra popoli e religioni, tra musul- mani, ebrei e cristiani. E proprio dall’Iraq questo futuro può nascere e ridare speran- za anche alla Terra Santa e al Libano e a tutto il tormentato Medio Oriente: L’Iraq non è solo petrolio, non è utopia.. L’intervento armato in Iraq ha radici pro- fonde e remote che potrei far risalire a più di un secolo indietro e riguardano la situa- zione del mondo arabo mediorientale in ge- nerale. Mi riferisco in particolare ad alcuni eventi che hanno influito profondamente sullo stato dei sentimenti dei popoli arabi verso il l’Occidente e gli Stati Uniti in par- ticolare, propiziatori dell’intervento armato in Iraq: fatti che hanno provocato il risenti- mento verso l’Occidente, dettagliatamente descritti nei capitoli precedenti e sfocciati nell’attacco alle torre gemelle l’undici set- tembre duemila uno. Dopo l’11 settembre 2001… L’instabilità del medio oriente accompagna- ta dall’odio diffuso contro l’Occidente sono risultati i principali alimenti del terrorismo islamico, fonte di pericolo non soltanto per gli USA ma per tutto l’Occidente e per gli stessi governi dell’area mediterranea. Una popolazione araba frustrata nelle sue aspi- razioni in termini di educazione, assistenza sociale, sanitaria, prosperità, sarebbe facile preda del disordine politico, continuando a rappresentare una minaccia per la stabili- tà della regione e del mondo. Nello stesso tempo, la presenza maggioritaria di terrori- sti di nazionalità saudita ha scosso la fiducia degli USA verso l’alleato di ferro, principale fornitore di greggio ma pur sempre finan- ziatore dei movimenti islamici avversi al modo di vivere occidentale. Lo scopo principale dell’intervento armato in Iraq nel marzo è stato, a mio avviso, di tentare di instaurare nel cuore del mondo arabo, alle porte dell’Arabia Saudita, un governo che porti stabilità e non intralci il processo di normalizzazione dei rapporti tra palestinesi e israeliani; portare benesse- re economico e sicurezza che servano da esempio di governo nella regione. Il tutto finanziato con il ricavo del petrolio irache- no. Lo sviluppo e la giustizia in un clima di libertà saranno il propellente per la pace nel Medio Oriente, isolando le frange estremi- ste e proponendo un esempio di nazionali- smo (arabo e israeliano) privo di estremi- smo religioso: il sogno della convivenza tra musulmani, ebrei e cristiani. L’eliminazione della turbolenza nella regio- ne toglierebbe ai giovani il movente per emi-
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