ROTARY, Opinioni – pag. 52-55 – 1/06-2016
(Leggi la versione sfogliabile)
Guardare il passato, vivere il presente, proiettarsi verso il futuro nel segno della speranza. In questi ultimi anni il mondo arabo è stato investito da fermenti, rivoluzioni, guerre civili culminate in eccidi e uccisioni indiscriminate di minoranze non allineate al credo di certi gruppi auto proclamatisi unici rappresentanti religiosi della popolazione. Mi chiedo come sia possibile che, all’alba del terzo millennio, si uccida per negare la libertà religiosa. Queste situazioni abominevoli non lontane dalle nostre città non possono lasciarci indifferenti, pertanto un accenno ad alcuni eventi della storia degli arabi, sia cristiani, sia musulmani, può farci capire meglio come è sorto il contesto odierno e può aiutarci a prevenire conseguenze negative per il futuro.
PRIMI SECOLI DELLE CONQUISTE ISLAMICHE
Nel secolo VII, tutto il Mediterraneo meridionale passò dall’Impero Romano al dominio arabo, che si protrasse sino al secolo XIII, quando iniziò l’era turco-ottomana. Le conquiste verso ovest si estesero alla Spagna sino alle regioni del sud della Francia (Poitiers anno 732) accompagnate da razzie e deportazioni degli abitanti delle città costiere dell’Europa occidentale, Roma compresa. L’islam, la nuova fede, agiva da collante per i conquistatori, mentre le divisioni e le lotte tra i cristiani dell’Impero Romano favorirono il loro indebolimento. Di fronte alle violenze delle razzie nell’anno 1076, 20 anni prima della prima crociata, Papa Gregorio VII scriveva al Governatore dell’Algeria El Nasser: “Crediamo nello stesso Dio unico, anche se in modo diverso, eleviamo le nostre preghiere e lo veneriamo tutti i giorni”, facendo riferimento alla discendenza spirituale di Abramo e alla fede in un Dio unico. Generalmente la religione cristiana nei paesi del Medio Oriente conquistati dai musulmani veniva lasciata sussistere con alcune restrizioni, divenendo in certi casi vere e proprie discriminazioni e vessazioni. Non fu così per le chiese dell’Africa nord-occidentale: all’epoca di Sant’Agostino il Nord Africa era uno dei centri della cristianità, ma la repentina espansione dell’Islam spazzò via il cristianesimo e con l’andar del tempo finì per scomparire del tutto. Se nel 1053 vi si contavano ancora cinque chiese episcopali, l’ultima chiesa, quella di Cartagine, già verso il 1160 scomparve del tutto. Si calcola che nel secolo XII le chiese del Maghreb erano praticamente estinte. In contrasto con la crisi odierna dei paesi arabi, i primi anni dell’era islamica si fecero più luminosi rispetto al mondo della cristianità. Quando arrivarono i musulmani a Damasco nel VII secolo, provenienti dal deserto dell’Arabia, scoprirono un mondo a loro sconosciuto, ne rimasero meravigliati e chiesero ai cristiani siriaci e bizantini di trasmettere le loro conoscenze. Così, tutto ciò che era accessibile fu tradotto dal greco al siriaco e dal siriaco all’arabo. Le scienze, la medicina, l’astronomia, la filosofia, fiorirono a Damasco, poi a Baghdad e infine in tutto il mondo islamico, tra il IX e il XII secolo. Tutti i professori di filosofia e soprattutto di medicina e delle scienze, fino al X secolo erano cristiani, formarono cristiani, ebrei e musulmani che poi diventarono la maggioranza nel XII secolo. Questo è il periodo d’oro per il mondo arabo islamico, decantato oggi dai movimenti che rivendicano a sé lo splendore dell’Islam quale soluzione a tutti i mali odierni del mondo arabo. Il Medioevo arabo portò molti frutti all’Occidente. Per fare un piccolo esempio: Aristotele venne tradotto e commentato in arabo da tutto un gruppo di cristiani nel IX secolo, poi passò ai musulmani con Avicenna e Averroè che viveva in Spagna, e passando anche a San Tommaso d’Aquino.
DECADENZA E LA CAMPAGNA DI NAPOLEONE BONAPARTE
Con l’Impero Ottomano subentrò un periodo di decadenza sino al 1800 quando iniziò una nuova fioritura protrattasi fino al 1950. Ho preso come esempio l’Egitto in quanto il paese più rappresentativo del mondo arabo. Il governante di origine macedone, meravigliato dal potere dei francesi, esercitò tutto quanto gli fu possibile per convincere gli europei a installarsi e creare imprese, centri culturali e scuole. Ne seguì una massiva emigrazione di inglesi, francesi, italiani e greci, finendo per controllare economia, industria e commercio, nonché l’architettura e la pianificazione delle principali città egiziane. A contatto con gli europei, gli abitanti dell’Egitto si resero conto del divario esistente in tutti i campi: i giovani vennero inviati a studiare in Europa, in quanto l’Occidente rappresentava la modernità, le idee, la scienza, la medicina, la capacità militare, dove la religione occupava un posto rilevante nella società. La ragione per la quale oggi i fondamentalisti musulmani rigettano tutto ciò che è occidentale è perché identificano l’Occidente con la mancanza di principi, di norme etiche e religiose, perché esse sono passate dall’ambito pubblico a quello privato, e sono dunque poco visibili rispetto agli anni passati. Sul modello delle idee importate dall’Europa, i musulmani e i cristiani si unirono per creare un nazionalismo laico arabo per l’emancipazione dalle leggi medioevali alle quali essi erano ancora soggetti. Il nazionalismo arabo era laico al fine di aggregare nell’interesse comune tutte le comunità della popolazione; era costituzionalista e poneva l’accento sullo sviluppo culturale, economico-industriale e sull’emancipazione della donna. Questo ebbe una ripercussione sul modo di vivere e di praticare l’Islam, il quale si stava evolvendo in modo diverso dalla pratica popolare.
SECOLO XX – TRACOLLO E SMEMBRAMENTO DELL’IMPERO OTTOMANO
Francia e Inghilterra (Sykes-Picot 1916) si accordarono per la spartizione dell’Impero Ottomano, che si era disgregato al termine della prima guerra mondiale. Subentrò in Turchia uno stato laico con Ataturk. L’Egitto conquistò la sua indipendenza e concesse il diritto di voto alle donne nel 1923, ben prima del Regno Unito e dell’Italia. Gli ambienti religiosi musulmani, allarmati dalla tendenza degli usi e costumi occidentali, si unirono in un partito politico, i Fratelli Musulmani, propinando il ritorno alle leggi coraniche. Dopo la seconda guerra mondiale molti fattori allontanarono i paesi arabi da quelli europei, con i quali si era instaurato un legame preferenziale.
Alcuni fattori:
1. La creazione dello stato d’Israele mise tutti gli stati arabi sul piede di guerra, affrontando enormi spese militari e assorbendo le loro energie per cercare di eliminare il nuovo Stato;
2. La conquista delle indipendenze subentrate alla dominazione turca e alle tutele della Francia e Gran Bretagna provocò l’evacuazione volontaria o forzata di tutti gli elementi europei;
3. La demografia fu un ulteriore elemento di destabilizzazione. Mentre in 50 anni, la popolazione europea smise di crescere e aumentò la propria ricchezza, il numero della popolazione araba triplicò, ingenerando analfabetismo e povertà a causa di uno scarso sviluppo economico;
4. Il fabbisogno energetico dell’Europa favorì i paesi produttori del Golfo, che utilizzavano la loro nuova leva finanziaria per propagare un modello di vita dettato dalla sharia, simile alle regole prevalenti ai tempi delle prime conquiste dell’Islam;
5. I sistemi di governo dei paesi arabi che si rifanno alla sharia e non riconoscono i Diritti Umani Universali proclamati dall’ONU nel 1948 i cui fondamenti sono l’uguaglianza del genere umano e la libertà di credo;
6. Nei sistemi educativi arabi si enfatizza a tal punto la religione, che il concetto di cittadinanza è subordinato a quello religioso. I sistemi di governo sono intimamente legati a quelli religiosi, lasciando poca libertà di espressione ai popoli e privilegiando i cittadini musulmani rispetto agli altri.
Le situazioni sopracitate hanno lasciato i popoli arabi dipendenti dall’Occidente in tutto e per tutto: la tecnologia, la cultura, le scienze. In vent’anni, 300 milioni di abitanti del mondo arabo hanno prodotto 171 brevetti internazionali, rispetto agli oltre 16mila brevetti della sola Corea del sud, il PIL della sola provincia di Milano è superiore a quello dell’intero Egitto. Un gruppo di 150 uomini di lettere, riunitisi ad Alessandria, ha affermato: “Noi sappiamo che siamo gli ultimi del mondo, i più nulli. Che cosa abbiamo prodotto in sette secoli, a parte le guerre? Guardate gli Ebrei: sono 15 milioni e hanno decine di premi Nobel, noi meno di cinque. Loro hanno creato in tutti i settori, e noi con 1.5 miliardi niente”.
INTERNET E IL VILLAGGIO GLOBALE
Tanti poveri ma giovani arabi guardano a tanti ricchi europei seppur anziani. Lo sviluppo dei mezzi di trasporto e l’eliminazione delle barriere tra gli stati hanno facilitato il movimento dei popoli. La diffusione dei media, delle televisioni e di internet spingono le giovani generazioni arabe a confrontarsi con il modo di vivere dell’Europa. Vedono se stessi poveri, con poca libertà di espressione, meno diritti per le donne, alta disoccupazione, pochi mezzi di sussistenza. Il tutto contrasta con le immagini televisive dell’opulenza in cui vivono i loro coetanei in Europa e con le descrizioni mirabolanti fatte dai familiari emigrati che ritornano per le vacanze nel paese nativo. Oltre all’assenza apparente della religiosità in Europa, il contrasto della società del mondo arabo con l’Europa si è allargato a causa dell’offensiva di gruppi che vogliono modificare le leggi a favore di un nuovo tipo di “famiglia” non conforme alle tradizioni sociali arabe.
L’ISLAM È LA SOLUZIONE?
Il contrasto tra il passato glorioso e la realtà odierna del mondo arabo è abilmente manipolato da certi ambienti religiosi con lo slogan “la soluzione di tutti i mali si trova nell’Islam”. Secondo loro la rigida pratica islamica dovrebbe regolare la vita sociale e familiare, e i rapporti tra i cittadini e le leggi dello Stato; la mancanza della pratica religiosa ha causato lo stato di inferiorità in cui si trovano oggi i giovani arabi in rapporto ai coetanei occidentali. Il motto ribadito frequentemente dai media, nei testi scolastici e nelle prediche religiose è: “Allah è il nostro obiettivo. Il Profeta è il nostro capo. Il Corano è la nostra legge. La jihad è la nostra via. Morire nella via di Allah è la nostra suprema speranza. Abbiamo conquistato il mondo all’inizio perché abbiamo seguito il Profeta: allora la soluzione è il ritorno al I secolo dell’Islam, al VII secolo della storia”. Questo è il movimento fondamentalista, sono i Salafiti, i Fratelli Musulmani, i fondamentalisti.
Essi vogliono il ritorno al I secolo, riprendendo il modello del “pensiamo che la soluzione sia nel passato”, in riferimento ai passaggi del Corano che convengono loro. Queste “campagne pubblicitarie” sfruttano abilmente
la frustrazione di certi individui, portandoli a gesti estremi in nome dell’Islam quale soluzione dei mali in cui si trovano i paesi arabi. Non c’è dubbio che forti interessi riescano a propagare queste ideologie che non rispondono ai diritti umani universali adottati dall’ONU dal 1948. A mio parere il terrorismo può essere sconfitto attraverso il sostegno della maggioranza dei musulmani che amano la pace e che condannano il terrorismo stesso. Questa condanna dovrebbe essere espressa con maggiore determinazione, sia dagli stati musulmani, sia soprattutto dalla società civile, dai movimenti religiosi e dal vasto mondo delle moschee. Soltanto cosi può scattare il processo di prosciugamento dei tanti bacini, dove nascono e si sviluppano le idee di un Islam radicale e violento e dove si alimentano odi e risentimenti nei confronti di un Occidente nemico e colonizzatore ritenuto amico dei cittadini arabi cristiani.
COSA CI RISERVA IL FUTURO?
Anche se la politica europea ha spostato la religione dalla sfera pubblica a quella privata, ricordiamoci che è stata proprio la religione che ha garantito la coesione degli Stati europei. Ci sono voluti proprio tre uomini per iniziare a risolvere secoli di contrasti e lanciare l’idea di un’unione europea: De Gaulle in Francia; De Gasperi in Italia; e Adenauer in Germania. Tre uomini cristiani, per caso cattolici. Oggi il collante degli stati europei è diventato l’economia e la finanza, mentre quello degli stati arabi è la religione, un Islam che rimprovera i giovani europei per il loro vuoto religioso. È bene ricordarsi che l’Europa e il mondo arabo hanno interessi comuni e complementari che vorrei evidenziare: la garanzia delle forniture energetiche; lo sviluppo tecnologico per promuovere l’economia araba nell’economia globale; troppe ricchezze petrolifere in mano a pochi che frenano lo sviluppo dell’innovazione e la formazione di una classe media necessaria per la formazione di un inizio di democrazia; la soluzione dei rifugiati palestinesi e i loro discendenti accatastati in campi bidonville senza diritti civili in paesi già sovrappopolati; e l’analfabetismo dilagante. In sostanza: stabilità, frontiere riconosciute, valori umani rispettati, classe media formata senza dimenticare di dare voce alle nazioni più deboli e più piccole, proteggendone gli interessi. L’invecchiamento dell’età media europea attira i giovani arabi in maggioranza musulmani provenienti da un contesto sociale diversamente acculturato. Per creare una pacifica accoglienza, non solo economica, dei nuovi arrivati nel territorio nazionale è indispensabile creare le premesse affinché gli immigrati aderiscano a un progetto culturale, di uguaglianza dei cittadini davanti alle leggi, dei principi della religione cristiana maggioritaria in Italia per sfatare i pregiudizi che prevalgono tra di loro. Di pari passo la popolazione locale va preparata alla convivenza con i nuovi cittadini. L’esperienza insegna che l’integrazione e l’inclusione sono elementi indispensabili per una convivenza proficua e duratura. Abbiamo visto come i paesi del Nord Africa nei due secoli precedenti si sono sviluppati grazie all’emigrazione di milioni di europei che vi si erano insediati per alcune generazioni, purtroppo senza integrarsi con la popolazione locale provocandone l’espulsione. Un altro fattore che favorisce la stabilità è lo scambio culturale e quello delle conoscenze tecnologiche tra le università delle due rive del Mediterraneo. Questi scambi dovrebbero favorire un ravvicinamento tra le forze lavorative, darebbero la spinta per sviluppare gli immensi territori dell’Africa e del Medio Oriente, procurando lavoro e ricchezza alla popolazione locale senza necessità di emigrare. Ogni laureato africano che viene in Europa senza ritornare nel paese di origine, che ha investito per la sua crescita e formazione, rappresenta un danno economico difficilmente colmabile dalle eventuali rimesse alla famiglia di origine. L’Unione Europea ha i mezzi e le capacità necessarie per lanciare un
piano “economico culturale” che consenta agli africani di non dover emigrare per sfamare le loro famiglie, evitando i drammi della divisione del nucleo familiare causata dall’emigrazione. L’Unione Europea è un gigante economico e finanziario che può far crescere le immense ricchezze delle terre, la loro bellezza, le energie dei giovani, l’esperienza della tecnologia, l’apporto umano, il tutto abbinato a scambi per valorizzare le reciproche conoscenze. Un cammino di lungo termine per ottenere una crescita solida, unita a maggiori equità. È auspicabile che il mondo arabo di cultura islamica accetti le diversità religiose e di genere, aspirando a costruire, insieme agli stati europei, le basi per creare un partenariato a lungo termine. Naturalmente stabilità, sicurezza, precisi accordi politici, coperture a livello internazionale, sono fattori indispensabili per realizzare questi progetti. I rotariani ambasciatori di pace hanno il potenziale umano per svolgere il ruolo di creatori di un ponte per una pace duratura.
Giuseppe Samir Eid
Samir Eid Raccolte
Intendono fornire gli strumenti per una inclusione sociale del flusso migratorio, gettare una luce sui diritti umani e la condizione di vita dei cristiani nel mondo islamico da cui proviene l’autore.La conoscenza dell’altro, delle diversità culturali e religiose sono ingredienti primari per creare la pace nei cuori degli uomini ovunque, premessa per una serena convivenza e convinta cittadinanza sul territorio.