Popoli – 05/1994
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Trattati come stranieri in patria, discriminati nei loro diritti, le minoranze cristiane dei paesi musulmani stanno riprendendo coscienza del ricco contributo da essi dato alla costruzione della civiltà araba, la quale non può affatto identificarsi con l’islam.
Secondo il Corano gli uomini si dividono in tre categorie: musulmani, la gente del libro (os sia ebrei e cristiani), e gli altri.
In Medio Oriente gli arabi cristiani sono stati spesso assimilati a torto all’Occidente da parte dei loro concittadini musulmani. Le nefaste conseguenze a cui porta questa erronea identificazione fra cristianesimo e Occidente nei paesi arabi sono evidenti.
Una delle cause di questo fenomeno può essere ricercata nel fatto che in queste zone, negli ultimi 150 anni, una buona parte dell’economia è stata in mano alle minoranze cristiane ed ebraiche locali, e agli stranieri emigrati in Medio Oriente dall’Occidente.
“Con l’avvento dell’indipendenza, il ceto medio indigeno si trasferì nei quartieri che in precedenza erano abitati soprattutto da europei, e gli immigrati dalle campagne si diressero verso quei quartieri che essi lasciavano liberi, o in nuovi quartieri. In entrambi i casi vi fu un cambiamento nelle abitudini e nei modi di vita: il ceto medio prese a vivere in un modo che in precedenza era tipico dei residenti stranieri, e gli immigrati rurali adottarono il modo di vita dei ceti poveri urbani. Nei loro nuovi quartieri i borghesi vivevano per lo più come facevano gli europei, in case dello stesso tipo e vestendosi con abiti dello stesso tipo…” (Albert Hourani, Storia dei popoli arabi, Arnoldo Mondadori, 1991, p. 383).
Allo stesso modo è interessante rilevare come le lotte fra gli stati europei e i dissidi politici abbiano avuto pesanti ripercussioni sulla vita dei cristiani del Medio Oriente. Così è stato facile per i musulmani identificare le minoranze con le potenze coloniali che di lì a pochi anni avrebbero accresciuto la loro influenza al punto da sostituirsi all’Impero Ottomano, ormai avviato ad un rapido declino.
Le discriminazioni nella storia
Le discriminazioni messe in atto nei confronti dei cristiani sono di diverso tipo, a seconda dei diversi paesi e dei governanti che si sono succeduti.
E questo nonostante il fatto che i do veri dei cittadini siano uguali per tutti. La prima causa di questo atteggiamento discriminatorio va certamente ricercata nel modo di insegnare il Corano e la sharia, la legge islamica da esso tratta. Ma le stesse prediche del venerdì nelle moschee e gli appelli alla preghiera che cinque volte ogni 24 ore, durante il giorno e la notte, vengono trasmessi dagli altoparlanti, diventano occasioni discriminatorie verso i non musulmani. Tutto ciò si innesta su usi tramandati nei secoli dai musulmani ed in una società nella quale l’insegnamento, fin dalla più tenera età, è ri volto ad inculcare l’idea che l’islam è la religione migliore e più gradita a Dio.
L’urbanizzazione, con il sorgere delle grandi città, ha fatto cadere molte usanze discriminatorie. Ancora oggi, però, alcune di queste usanze sono rimaste in qualche paese a maggioranza musulmana.
Ai cristiani è vietata, salvo eccezioni, la costruzione di nuove chiese e conventi, come pure non è consentito alle comunità di segnalare le loro feste con il suono delle campane. Il matrimonio di un cristiano con una musulmana è praticamente impossibile se l’uomo non si converte prima all’i slam.
Ancora oggi, in molti paesi arabi, è proibito ai non musulmani l’esercizio di alcuni mestieri, l’apertura di certe attività commerciali, l’insegnamento della lingua araba e l’accesso a molti livelli della funzione pubblica. Infine anche chi non professa l’islam deve comunque sottoporsi alla legge coranica per tutto ciò che riguarda le relazioni interpersonali con un musulmano.
Tollerati ma non uguali
Nel sistema giuridico-religioso musulmano, gli ebrei e i cristiani hanno diritto a vivere in libertà e, tranne in alcuni casi, a praticare il proprio culto religioso; però non possono ricoprire incarichi socialmente o politicamente rilevanti. Il musulmano rinnega questa realtà giuridica, oppure la considera normale. La vita di ogni giorno con ferma questa situazione.
Bisogna ammettere che quando nel VII secolo si è formato il sistema politico-religioso musulmano, l’Occidente cristiano era istituzionalmente arretrato. Questa situazione durerà fino a tutto il Medioevo. I non cristiani, che per la maggior parte erano ebrei, potevano godere solo del riconoscimento che le autorità volevano concedere loro; in Oriente invece i non musulmani, anche se discriminati e alcune volte perseguitati, godevano di una forma di riconoscimento ufficiale.
Nell’arco dei secoli, il sistema occidentale è progredito, fino a diventare oggi quello dello stato sociale; il sistema islamico, invece, è rimasto rigido, e non è evoluto.
Matrimoni misti
Nei paesi arabi sono in numero crescente i casi di donne cristiane sposate a musulmani che si trovano a vivere in un contesto dominato dalla religione islamica. Ma anche in Italia, con l’immigrazione di musulmani scapoli, senza famiglia a seguito, presto i matrimoni misti potranno essere fonte di problemi inaspettati per il coniuge occidentale, anche nel caso in cui non pratichi la fede cristiana. Per questo è vivamente consigliato di informarsi sulle leggi vigenti, sia in Italia sia nel paese da dove proviene l’immigrato musulmano, in quanto la legge del suo paese è sempre dalla parte del cittadino musulmano, rispetto al non-musulmano, nei suoi rapporti con lo stato, con il suo matrimonio e nei confronti dei figli.
Naturalmente la posizione giuridica del coniuge migliora dopo la sua con versione all’islam e l’abbandono della sua religione originaria. Purtroppo i cittadini non sono uguali di fronte alla legge nel caso in cui uno non sia musulmano oppure sia di sesso femminile. Se una donna cristiana comunque, decide di contrarre matrimonio con un musulmano, si mette in una condizione in cui è estremamente difficile mantenersi in quella posizione di equilibrio necessaria per continuare a professare la propria fede nel particolare ambito in cui è chiamata a vivere. Ma se queste donne fossero opportuna mente sostenute per mantenere, nel lo ro nuovo ambiente, una presenza illuminata e fedele alla loro fede cristiana, si creerebbero nuove opportunità per sviluppare una conoscenza ed un rispetto reciproco fra i credenti dell’unico Dio.
Come afferma P. Samir Khalil, gesuita, in uno studio pubblicato in francese dalla rivista Solidarité-Orient febbraio 1984. n. 149. è molto diffuso il pregiudizio che arabo sia sinonimo di musulmano. Non ci sarebbero, dunque, cristiani arabi. Questo pregiudizio si dimostra sempre più falso.
Contributo prezioso
Su circa 150 milioni di arabi, i cristiani sono non meno di 12 milioni, altrettanto “arabi” dei loro concittadini musulmani. L’arabità non è una razza né una religione, ma costituisce una “nazione” con tutti gli elementi che questa parola include: unità geografica, linguistica, culturale, politica, storica, economica, ecc. In quest’ambito i cristiani si dichiarano parte integrante del mondo arabo. I musulmani non so no “più arabi” dei cristiani, e i cristiani non sono “meno arabi” dei musulmani.
La civiltà araba e islamica è debitrice sia nei confronti dei cristiani sia delle altre minoranze locali, come gli ebrei, come pure verso la cultura asiatica, poiché ha radici spirituali che si rifanno all’esperienza orientale.
Storicamente, nel campo culturale, i cristiani arabi, o diventati tali, sono alla base della letteratura e delle scienze nel mondo arabo. Gli storici sanno bene che, già alcuni secoli prima della nascita dell’Islam, esistevano tribù arabe cristiane, e che la scrittura araba, in particolare, deriva in larga parte dai cristiani.
Dopo l’avvento dell’islam, le comunità cristiane del Medio Oriente, e in parte anche della Spagna, si sono rapidamente arabizzate, introducendo così nella cultura araba le loro antiche tradizioni cristiane: greca, siriaca, copta e anche latina.
Lungi dall’essere estranei alla cultura araba, gli autori cristiani delle differenti confessioni orientali hanno largamente contribuito alla sua formazione. Alcuni di questi autori cristiani sono ben conosciuti dal pubblico colto in Europa o nelle Americhe. Così Hu-nayn Ibn Ishaq (il più grande traduttore dal greco e dal siriaco all’arabo, deceduto nell’873), Bar Hebraeus (autore del Chronicon, deceduto nel 1286), o Gibran Khalil Gibran (autore del Profeta, deceduto nel 1931).
Accanto a questi grandi nomi, esiste tutta una gamma di autori cristiani che hanno brillato nel firmamento del la cultura araba (medici, astronomi, filosofi, teologi, storici, giuristi, poeti, uomini di lettere, ecc.).
Fu dopo la conquista arabo-islamica che i cristiani di tutte le confessioni si misero a tradurre, dal greco e dal siriaco all’arabo, le opere letterarie e scientifiche dei loro predecessori. Furono essi ad introdurre gli invasori nomadi del deserto alle discipline orientali (filosofia, matematica, astronomia, medicina e geografia i provocando così un rinascimento durato sino a tutto il Medioevo, quando il mondo occidentale era ancora immerso nel buio. A questo proposito è bene ricordarsi che Carlo Magno sgranava gli occhi davanti ai regali inviatigli da Haroun el Rashid.
Il mondo occidentale non ha però tardato ad evolversi: una nuova ondata di cristiani, cercando rifugio in Occidente per fuggire invasioni e guerre incessanti, ha portato con sé i propri tesori culturali e scientifici, che sono stati i semi del Rinascimento in Occidente. Fu infatti opera dei cristiani arabi e degli ebrei il grosso lavoro di traduzione che si estese dalla Spagna a tutta l’Europa. E fu attraverso queste traduzioni che San Tommaso scoprì la filosofia di Aristotele.
C’è stato poi un terzo Rinascimento, quello della cosiddetta cultura araba, che languiva sotto il dominio turco e stava per estinguersi. Essa ha di nuovo preso vita per mano della minoranza cristiana, grazie in particolare alla scoperta della stampa, da essi per primi introdotta in Libano.
Nel frattempo il viceré Mehemet Ali (il Kedive) aprì le porte dell’Egitto agli stranieri. Numerosi siro-libanesi accorsero, distinguendosi particolar mente nel commercio e nel giornalismo sino all’ascesa al potere di Nasser. Vogliamo a questo proposito ricordare che il primo giornale in lingua araba, Al Ahram, fu fondato da due fratelli cristiani, Bichara e Selim Tak-la.
Patrimonio culturale
Per far conoscere questi autori, che si contano a centinaia, è stata creata la Collana Patrimonio Arabo Cristiano.
Un comitato di esperti presieduto da un arcivescovo melkita, Neophytos Edelby di Aleppo e dal gesuita P. Samir Khalil, dell’Università St. Joseph di Beyrut, in Libano, sta preparando la traduzione e la pubblicazione di un gran numero di testi originali e di testimonianze, scritte nel passato da ara bi cristiani, che ne formeranno il catalogo.
Dalle ricerche di questi esperti si contano, sino alla metà del XIX seco lo, non meno di 2000 autori cristiani arabi, con circa 20.000 opere; soltanto il 10% di queste sono state pubblicate: tutto il resto è rimasto ancora a livello di manoscritti. La nuova Collana vuole, dunque, riscoprire questo tesoro di una ricchezza infinita. In breve, ci si prefigge di raccogliere l’eredità araba dei cristiani, prescindendo dal contenuto e dalla comunità di appartenenza.
Lo scopo ultimo è triplice. In primo luogo, culturale e scientifico: far conoscere agli arabi stessi e agli arabizzati tutta una fascia della cultura araba, generalmente rimasta sconosciuta fino ad oggi.
In secondo luogo religioso: aiutare i cristiani orientali a ritrovare le fonti del loro pensiero di fronte alla tendenza ad ignorare questa tradizione araba, ed avviare un dialogo fra cristiani e musulmani arabi radicato nella loro comune tradizione araba.
Infine sociologico: mettere in luce il ruolo non indifferente dei cristiani nell’elaborazione della civiltà araba, e con questo aiutare cristiani e musulmani a riconoscersi come membri di una stessa e unica società.
E’ chiaro che la dimensione “dialogale” è presente a tutti i livelli: dialogo fra musulmani e cristiani, dialogo dei cristiani tra di loro, dialogo fra le culture.
Ci sembra che lo scopo principale di questa Collana, per il momento, sia quello di far prendere coscienza ai cristiani appartenenti alle diverse comunità del Medio Oriente del loro pieno e totale inserimento nel mondo culturale arabo, di inculcare la fierezza del loro immenso patrimonio culturale e di unirli, lontano da ogni confessionalismo, in uno sforzo comune di carattere profondamente cristiano.
Il carattere ecumenico di questa Collana è evidente. I cristiani arabi di oggi vi trovano la testimonianza dei loro antenati. D’altro canto, il lavorare insieme per pubblicare il Patrimonio Arabo Cristiano, costituisce uno sforzo molto importante dei cristiani arabi in quanto tali, senza distinzione confessionale, e una franca collaborazione fra tutte le Chiese Orientali cristiane. Dunque ecumenismo nei testi scelti e nello sforzo comune di pubblicarli.
Lo scopo ultimo ma non meno importante è quello, per i cristiani, di riscoprire la loro identità araba a dispetto delle discriminazioni in atto, ad aver fede e speranza per non ingrossare i ranghi di quanti hanno abbandonato le loro terra nativa per emigrare verso l’Occidente.
Giuseppe Samir Eid
(Intendono fornire gli strumenti per una inclusione sociale del flusso migratorio, gettare una luce sui diritti umani e la condizione di vita dei cristiani nel mondo islamico da cui proviene l’autore.La conoscenza dell’altro, delle diversità culturali e religiose sono ingredienti primari per creare la pace nei cuori degli uomini ovunque, premessa per una serena convivenza e convinta cittadinanza sul territorio.)