PARROCCHIA – 3-2014
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Il dott. Giuseppe Samir Eid ha sottoposto a Don Walter alcune precisazioni sull’esortazione apostolica di papa Francesco “Evangelii gaudium” alle quali volentieri il nostro parroco ha risposto. Caro don Walter, i musulmani “adorano con noi un Dio unico, misericordioso” (E. G. n. 252). Io prenderei con cautela questa frase. E vero che i musulmani adorano un Dio unico e misericordioso. Ma questa frase suggerisce che le due concezioni di Dio sono uguali. Invece nel cristianesimo Dio è Trinità nella sua essenza, pluralità unita dall’ amore. E un po’ più che sola clemenza e misericordia. Abbiamo due concezioni abbastanza diverse dell’unicità divina.
Quella musulmana caratterizza Dìo come inaccessibile. La visione cristiana dell’unicità trinitaria sottolinea che Dio è Amore che si comunica: Padre-Figlio-Spirito, oppure Amante-Amato-Amore, come suggeriva sant’Agostino. Poi, anche la misericordia del Dio islamico cosa significa? Che lui fa misericordia a chi vuole e non la fa a coloro a cui non vuole. “Dio fa entrare nella Sua misericordia chi Egli vuole” (Corano 48:25). Ma non si arriva mai a dire che “Dio è Amore” (1 Giovanni 4:16), come si esprime San Giovanni. La misericordia nel caso dell’Islam è quella del ricco che si china sul povero e gli concede qualcosa. Ma il Dio cristiano è colui che scende verso il povero per innalzarlo al suo livello. Non mostra la sua ricchezza per essere rispettato (o temuto) dal povero: dona sé stesso per far vivere il povero. Queste differenze non debbono scoraggiare le persone di buona volontà di condividere preziose risorse per costruire la cultura globale della Pace e della Fraternità.
Giuseppe Samir Eid
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Caro Giuseppe
1. Quanto affermi è vero, ma la correttezza della affermazione che i musulmani “adorano con noi un Dio unico, misericordioso” è spiegata dal fatto che, per correttezza di lettura, non ci si ferma o non ci si dovrebbe fermare alla affermazione del n. 252 della “Evangelii gaudium”, ma la si dovrebbe leggere nella sua interezza, evidenziandone l’intenzione che è la riscoperta di un annuncio gioioso del vangelo di Gesù Cristo nel mondo con temporaneo. 2. Tenendo inoltre conto ad esempio che nel numero precedente, il 251, si afferma che “in questo dialogo, sempre affabile e cordiale, non si deve mai trascurare il vincolo essenziale tra dialogo e annuncio, che porta la Chiesa a mantenere ed intensificare le relazioni con i non cristiani. Un sincretismo conciliante sarebbe in ultima analisi un totalitarismo di quanti pretendono di conciliare prescindendo da valori che li trascendono e di cui non sono padroni. La vera apertura implica il mantenersi fermi nelle proprie convinzioni più profonde, con un’identità chiara e gioiosa, ma aperti “a comprendere quelle dell’altro” e “sapendo che il dialogo può arricchire ognuno”. Non ci ser ve un ‘apertura diplomatica, che dice sì a tutto per evitare i problemi, perché sarebbe un modo di ingannare l’altro e di negargli il bene che uno ha ricevuto come un dono da condividere generosa mente, l’evangelizzazione e il dialogo interreligioso, lungi dall’ opporsi tra loro, si sostengono e si alimentano reciprocamente”. 3. Infine, la citazione che poi tu fai del n. 252 tralascia una seconda parte della frase che completa gli elementi in comune tra Islam e Cristianesimo: “… un Dio unico, misericordioso, che giudi cherà gli uomini nel giorno finale ” (Lumen gentium 16). Che significa che questa impostazione dialogante con l’Islam che “in quest’epoca acqui sta una notevole importanza…” non è propria e anzitutto dell’Evangelii gaudium di papa Francesco, ma proviene da più lontano, da un documento del Vaticano II al quale papa Francesco non può che attenersi.
Don Walter
Giuseppe Samir Eid
Samir Eid Raccolte
Intendono fornire gli strumenti per una inclusione sociale del flusso migratorio, gettare una luce sui diritti umani e la condizione di vita dei cristiani nel mondo islamico da cui proviene l’autore.La conoscenza dell’altro, delle diversità culturali e religiose sono ingredienti primari per creare la pace nei cuori degli uomini ovunque, premessa per una serena convivenza e convinta cittadinanza sul territorio.