007 - MEDIO ORIENTE ISLAMICO E CRISTIANO

6-1994 – Gruppo Italiano Stampa Turistica

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Congresso: M.O. quale turismo – Analisi di una realtà geopolitica e ruolo dell’informazione

Mediterraneo e squilibrio demografico
L’evoluzione della situazione demografica sulle due sponde del Mediterraneo segue due tendenze diverse: subito dopo la seconda guerra mondiale la popolazione sulla sponda Nord del bacino mediterraneo era circa il doppio di quella del bacino Sud, Nord Africa e Medio Oriente; oggi, dopo 50 anni, la proporzione è diventata di 1 a 1. Lo sviluppo demografico, accompagnato da un divario crescente in termini di sviluppo economico, espone la popolazione occidentale, più ricca e più anziana, a un’invasione “pacifica” da parte di popoli molto lontani culturalmente con usi, costumi e tradizioni diversi, cresciuti in paesi che non separano la religione dall’ordinamento dello stato e dove non è consentito che la libertà di scelta religiosa rimanga un fatto personale. Si prevede che l’andamento dello squilibrio tra le due aree geografiche tenderà ad assumere nel prossimo futuro caratteri drammatici. La tentazione dell’Occidente sarebbe di alzare un muro che lo protegga dall’invasione e di rinunciare a pensare a un comune destino universale nel segno della pace e della giustizia. L’evoluzione demografica abbinata alla rapidità delle comunicazioni consente ai popoli, anche i più distanti tra di loro, d’intrecciare relazioni a tutti i livelli dell’agire umano.

Conseguentemente crescono le opportunità di un profondo arricchimento di valore umano non più privilegio di pochi fortunati, ma reso disponibile a tutti nella massima rapidità. Per contro, singoli e collettività organizzate si trovano sovente in grave difficoltà nel metabolizzare, per cosi dire, i rapidi cambiamenti ai quali sono esposti. Il fenomeno delle migrazioni sta trasformando l’Italia e l’Europa in senso lato in una società multiculturale, dove vivono fianco a fianco persone di lingue, religioni e culture diverse. L’islam, in particolare, ha una realtà sempre più presente, anche se per molti aspetti ancora poco conosciuta. Diventa urgente sviluppare una società con un’identità che consenta un nuovo rapporto fra le culture, e la gestione del processo dell’evoluzione e del cambiamento non può essere lasciata all’improvvisazione dei singoli o alla pura ricerca del ritorno economico. E’ responsabilità non solo dell’Occidente detentore di mezzi economici ingenti, ma di tutti i governi dei paesi rivieraschi del Mediterraneo, di stabilire politiche coordinate tra di loro per promuovere la conoscenza reciproca, politiche che consentano di cogliere le opportunità offerte dal movimento dei popoli per un arricchimento reciproco, a discapito di alcune categorie che rivendicano chiusure culturali verso il mondo che li circonda. Problemi di convivenza a pari dignità e problemi creati dall’arrivo degli immigrati in Europa vanno risolti cercando soluzioni parallele anche nei loro paesi di origine, prima fra tutte il riconoscimento dei diritti umani, con leggi che garantiscano gli stessi diritti fra tutti i cittadini senza discriminazioni di sorta. Le nazioni a nord del Mediterraneo trattano infatti in modo assai diverso, rispetto a quelle poste a sud, alcuni aspetti fondamentali che riguardano le scelte di vita delle persone: ad esempio il matrimonio, quando due giovani di religioni diverse vogliono sposarsi, oppure la condizione della donna, ancora in posizione d’inferiorità, e ancora la possibilità o meno di scegliere l’appartenenza religiosa, pena la galera e la morte civile, oppure l’accesso ad alcune funzioni pubbliche e a posti d’insegnamento, da cui sono esclusi i non – musulmani, per non parlare degli ostacoli posti dalle autorità per restaurare luoghi di culto non-islamici, ecc. E’ chiaro che la creazione di un rapporto di convivenza a pari dignità fra popoli diversi non può riuscire se non è appoggiato da una politica adottata in comune dai responsabili dei paesi interessati, i quali dovrebbero eliminare discorsi e politiche demagogiche che hanno vita breve e invece puntare sullo sviluppo economico, base indispensabile per inculcare la cultura della libertà, della democrazia, del rispetto dei diritti umani attuando politiche e leggi che non creino differenze fra maggioranza e minoranza sia in Europa che nel Medio Oriente. Tutti i leader religiosi e politici, da un lato, e gli uomini d’affari e manager, e più specialmente i tour operator, dall’altro, dovrebbero essere all’avanguardia nella battaglia per far conoscere i popoli tra di loro, premessa indispensabile per prevenire il sorgere di focolai di tensione con conseguenze che si intravvedono già oggi.

Arabi musulmani e cristiani
Gli abitanti dei paesi del sud mediterraneo possono essere considerati arabi a maggioranza musulmana, con una componente cristiana araba che si aggira intorno al 10% del totale, con forte concentrazioni in Egitto e Libano. Ad eccezione della Turchia, esiste una situazione di omogeneità linguistica e culturale, originata dall’espansione dell’islam. L'”arabità” però non è una razza nè una religione, ma costituisce piuttosto un raggruppamento geografico, linguistico, culturale, politico, storico. In quest’ambito i cristiani sono parte integrante del mondo arabo, non sono “meno arabi” dei musulmani, e i musulmani non sono “più arabi” dei cristiani. E’ importante dunque non fare confusione fra arabo e musulmano. In effetti, oggi l’europeo medio considera il Medio Oriente una regione islamica, con il circoscritto inserimento ebraico, dunque una regione in cui i cristiani costituiscono minoranze sentite come estranee. In realtà, proprio l’elemento cristiano è in queste regioni l’elemento autoctono: i Copti sono gli eredi diretti dell’antica civiltà egizia, passata attraverso l’esperienza ellenistica e poi il cristianesimo. Non per niente è quella che ha dato figure decisive nella storia ecclesiale quali Origene e Atanasio, Cirillo e i grandi padri del monachesimo, a cominciare da S.Antonio, (il suo monastero è posto sulla costa egiziana, a nord di Hurghada). E analogamente potremmo dire di Ortodossi e Melkiti d’area palestinese e siriana, per non parlare dei Maroniti nel Libano, o della, numericamente ridotta, comunità Sira. Come influisce l’intreccio di culture diverse sullo sviluppo della società e quale può essere il contributo della minoranze religiose alla cultura araba-islamica? Il confronto delle culture, ne siamo convinti, provoca l’arricchimento socio-culturale della società: e basti pensare proprio alla civiltà araba che regnava nel Medio Oriente per averne una conferma. Prima della conquista musulmana, iniziata nel VII secolo dal profeta Muhammad e portata a termine dai suoi successori, il Medio Oriente era prevalentemente cristiano con la presenza di due grandi culture, quella ellenistica e quella siriaca. A questo dualismo culturale presente in ambito cristiano si può attribuire l’origine e lo sviluppo di una vera e propria civiltà araba. Gli storici sanno bene che, già alcuni secoli prima della nascita dell’Islam, esistevano tribù arabe cristiane, e che la scrittura araba, in particolare, deriva in larga parte da loro: una tradizione culturale araba era quindi già presente in queste zone molto prima. Sono stati i cristiani e gli ebrei che risiedevano in queste regioni a far sì che questo patrimonio culturale originario si sviluppasse e rimanesse in vita anche dopo la penetrazione dell’islam.
Dopo la conquista islamica, le comunità cristiane del Medio Oriente, e in parte anche della Spagna, si sono rapidamente arabizzate, introducendo così nella cultura araba le loro antiche tradizioni cristiane: greca, siriaca, copta, e anche latina. I cristiani di tutte le confessioni si sono messi a tradurre, dal greco e dal siriaco all’arabo, le opere letterarie e scientifiche dei loro predecessori provocando così un rinascimento durato sino a tutto il Medio Evo, quando il mondo occidentale era ancora immerso nel buio. La civiltà araba e islamica è debitrice pertanto sia nei confronti dei cristiani sia delle altre minoranze locali, come gli ebrei, come pure verso la cultura asiatica, poiché ha radici spirituali che si rifanno all’esperienza orientale.

Un confronto tra culture
La storia insegna che i fattori che danno origine allo slancio e allo sviluppo di una civiltà sono il ritorno alle radici ma anche l’apertura verso la cultura del tempo in essere. La rinascita Abbaside (sec. VIII-XIII) citata come esempio di gloria dai popoli arabi è dovuta al connubio fra questi due fattori, dei quali i cristiani sono i fautori principali. L’aver amalgamato le civiltà siriaca, ellenica e persiana con quella araba ha dato luogo alla rinascita promossa dagli Abbassidi. E’ bene ricordare inoltre che la rinascita araba moderna iniziata nel XIX secolo è stata causata non soltanto dal ritorno verso le sue radici, ma anche dall’apertura verso le civiltà moderne. Questo connubio fra passato e presente crea quella sinergia che fa da stimolo verso il futuro. Un altro esempio? Il primo giornale in lingua araba, Al Ahram, fu fondato al Cairo da due fratelli di origine siriana, Bishara e Selim Takla, utilizzando la tecnologia del momento, ma anche grazie alle aperture politiche del Kedive Mohamed Ali. Ad avvalorare il concetto del valore che può avere l’ eredità orientale per l’universo cristiano, sta il fatto che delle cinque chiese riconosciute dai primi Concili Ecumenici, alla testa delle quali siede un Patriarca, ben quattro si trovano in Medio Oriente: a Costantinopoli oggi Istanbul, Antiochia al sud della Turchia, Alessandria d’Egitto, e Gerusalemme. Roma, sede patriarcale del papa, Patriarca d’occidente, è riconosciuta come madre di tutte le Chiese. Io credo che l’Occidente debba riscoprire i valori sui quali la società si è evoluta, anche attraverso la riscoperta del patrimonio culturale e religioso dell’Oriente, culla delle tre religioni monoteiste. A proposito della necessità di conoscere la cristianità orientale e i popoli musulmani, mi sia consentito anche di citare un grande islamista francese accolto nell’accademia araba del Cairo, fattosi prete melkita, che ebbe a dichiarare: “Esiste un popolo che nessuno veramente ama, perché nessuno veramente conosce, e che nessuno veramente conosce, perché nessuno veramente ama, e questo popolo è il popolo musulmano.”

Il valore della sinergia fra i popoli.
Abbiamo dunque visto che i mezzi di comunicazione hanno abbassato le barriere fisiche fra le nazioni, incrementando i movimenti fra i popoli. Gli stessi mezzi di comunicazione vanno utilizzati per abbassare le barriere culturali. Per gestire questo cambiamento è necessario agire di concerto Nord e Sud, Oriente ed Occidente non lasciare spazio a coloro che pretendono di detenere il monopolio della verità e di voler utilizzare la coercizione per imporre la loro verità. Il nostro mondo è come un unico corpo umano con due polmoni: ha bisogno di tutte due per respirare. Per la stragrande maggioranza degli europei, emerge la consapevolezza di una conoscenza solo superficiale della cultura di quanti abitano i paesi del Medio Oriente e delle difficoltà che si trova a fronteggiare un giovane proveniente da contesti culturali a noi così lontani, nell’impatto con la mentalità dell’ Occidente. Colmare il fossato che ancora oggi separa culturalmente il mondo islamico da quello occidentale a partire dall’esperienza dei cristiani d’Oriente e delle minoranze in generale: questo potrebbe essere il nostro obiettivo nella speranza che le differenze si trasformino, finalmente, da occasione di discriminazione in strumenti di reciproco arricchimento. La riscoperta dei valori a partire dai quali le società si sono evolute ha dimostrato di dare dinamicità alle culture. Ci spinge il profondo rispetto per una tradizione culturale di grande spessore e ci urge al tempo stesso il fatto del progressivo restringersi del bacino del Mediterraneo sul quale uomini e popoli non solo si affacciano ma sempre più si mescolano e interagiscono. Con l’avanzare delle moderne tecnologie e delle comunicazioni il pianeta è diventato un grande paese; il momento è dunque propizio per sfruttare le potenziali sinergie date dalla promiscuità dei popoli e delle culture per prepararci ad un XXI secolo di pace e di sviluppo economico.

Quale turismo proporre?
Si viaggia per tante ragioni: per lavoro, per studio, per curiosità, per noia, per dimenticare, per sperperare denaro, per inseguire i sogni o le illusioni, per occupare il tempo, per restar soli con noi stessi. Qualcuno viaggia perfino per cercare Dio. Quel che possiamo proporre, alla luce di quanto detto, è viaggiare nel Vicino Oriente non solo per turismo, ma abbinando il viaggio a uno studio e a un’esperienza umana, intensa in paesi difficili ma affascinanti, dove la moderna tecnologia non ha cancellato ne la memoria dell’antico ne le tradizioni di ospitalità e bellezza. Un viaggio alla ricerca del colore e del sapore vivo della storia. Oltre alle visite ormai tradizionali ai monumenti e tracce di civiltà passate, si può proporre ai turisti la realtà odierna delle regioni visitate. La maggior parte non conosce l’esistenza di cristiani locali e le tradizioni della Chiesa nei paesi visitati, limitandosi a pensare a un mondo islamico uniforme, e questo vale per tutti i paesi del Medio Oriente e di parte del Nord Africa. Il turismo nei due sensi, dall’Europa al Medio Oriente e dal Medio Oriente verso l’Europa, può essere dunque l’occasione per riscoprire l’eredità culturale e religiosa come reciproco arricchimento verso nuovi orizzonti. Per conoscere più da vicino il mondo islamico e il suo rapporto con le minoranze cristiane, con le quali convive da sempre. Riporteremo dal viaggio un bagaglio di conoscenze utili per dare il meglio del nostro contributo alla nuova fisionomia della nostra società multi etnica. Quanto ai giovani e al mondo universitario, sono i più ricettivi al cambiamento, sempre alla ricerca di nuove esperienze per confrontarsi. Si dovrebbero estendere al Medio Oriente le formule di viaggio per i giovani attualmente in vigore in Occidente, come i campi di lavoro per studenti, lo scambio di gruppi di studenti o di classe intere, la stipula di protocolli o di convenzioni tra le università, ecc. Sono formule che andrebbero adottate nelle due direzioni, dalle autorità dei paesi mediterranei per uno scambio che coinvolga Sud e Nord, naturalmente dopo un’adeguata preparazione dei giovani per prepararli a vivere al meglio l’esperienza transitoria concordata dai rispettivi governi. Il turismo occidentale si svolge attualmente principalmente in gruppi, entro itinerari ben precisi, villaggi o alberghi che riproducono l’ambiente occidentale sfruttando le bellezze naturali e i servizi offerti localmente relativamente a buon mercato. Le visite a monumenti e vestigia del passato agiscono soltanto da contorno. Spetta a noi ricordare che la visita alle terre eredi delle civiltà fenicia, egiziana, aramaica, siriaca, greca, ecc. andrebbe accompagnata da un comportamento idoneo con gli usi e costumi del luogo, che spesso si scontrano con i nostri. L’organizzazione occidentale consentirebbe invece di attuare un turismo “di massa” che, dietro un debito acculturamento, potrebbe diventare un elemento chiave per colmare il fossato che divide i popoli del Mediterraneo, culla delle più antiche civiltà dell’umanità. Per finire, ricordo una iniziativa di pace, “Pacis Velum”, che coinvolge il Medio Oriente e che è stata presentata a Bergamo pochi giorni fa. Si tratta di allestire una imbarcazione a vela che porterà in dono delle sculture simboliche a popolazioni direttamente impegnate in conflitti o in negoziati di pace. Alla volta del Medio Oriente, la prima missione destinerà una scultura della pace al popolo di Israele (monte Scopus) e una al popolo di Giordania (monte Nebo). Il comitato promotore, inizialmente di Bergamo, si è esteso a livello nazionale. Colgo anche l’occasione per segnalare due centri italiani che sono attivi nella promozione del dialogo ecumenico e la convivenza inter-religiosa: il Centro Ambrosiano di Documentazione per le Religioni, che offre informazione e formazione a coloro che desiderano avviare una più profonda comunicazione fra persone di religioni diverse e favorisce la reciproca conoscenza e lo scambio fra le diverse esperienze religiose. E l’Europe-Near East Centre, che ha fra i suoi scopi quello di promuovere la consapevolezza dell’intimo legame della civiltà cristiana europea e di quella italiana in particolare, con il Vicino Oriente (Israele, Palestina, Giordania, Egitto, Siria, Iraq, Libano, Turchia, Armenia, Grecia, Cipro). Vorremmo che le nostre riflessioni possano raggiungere non soltanto gli addetti ai lavori o gli appassionati di turismo: riteniamo che talune indicazioni e taluni stimoli debbano raggiungere il più possibile coloro che svolgono nella società un ruolo di responsabilità e chi, nell’ ambito delle tre religioni monoteiste, assolve compiti educativi e di guida. Ma si rende necessario far giungere messaggi rispettosi di verità e di chiarezza, anche al grande pubblico, alla gente troppo spesso assediata da informazioni approssimative e fuorvianti. Un obiettivo forse troppo pretenzioso, che necessita di passione ed entusiasmo. Con questo augurio saluto tutti i presenti, le autorità e specialmente i rappresentanti della stampa, fiducioso che saranno un buon veicolo verso i destinatari di questo messaggio. Grazie.

Giuseppe Samir Eid

Samir Eid Raccolte

Intendono fornire gli strumenti per una inclusione sociale del flusso migratorio, gettare una luce sui diritti umani e la condizione di vita dei cristiani nel mondo islamico da cui proviene l’autore.La conoscenza dell’altro, delle diversità culturali e religiose sono ingredienti primari per creare la pace nei cuori degli uomini ovunque, premessa per una serena convivenza e convinta cittadinanza sul territorio.

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