DIALOGO ISLAMO CRISTIANO

269 • figlio non può studiare musica a scuola sino a pretendere compartimenti separati per le donne nei trasporti pubblici, norma introdotta in alcuni paesi arabi soltanto nell’ultimo decennio. Tutto questo ci riconduce a voler prendere come esempio di vita, la società dell’arabia saudita. Che si voglia colonizzare l’Europa sfruttando le sue libertà? Tenga presente che persino nei paesi arabi il velo non è ammesso nelle scuole dove è prescritto l’uniforme, e quanto alle afferma- zioni su I diritti del ‘uomo come affermato da Rose el youssef, devo dirle che la sharia è un ordinamento razzista in tutti I sensi, e questa verità andrebbe diffusa per il bene dei musulmani stessi in Italia. Comunque non si può neanche generaliz- zare; l’islam come vissuto è estremamente variegato nei paesi arabi però in italia pre- vale l’ala rigorista, il che non aiuta certo le giovane generazioni a convivere. Lo stesso per la definizione del velo: sotto lo stesso nome sono assimilati I veli più disparati, da un semplice foulard sino a quello simile alla foto sul corriere. Inoltre, il popolo musulma- no va visto distintamente dai centri che si autoproclamano loro rappresentanti. Dott. Mieli: se lei ha avuto la pazienza di leggermi, la prego di valutare di pubblicare il senso del- la mia lettera a beneficio dei suoi lettori, e ciascuno in piena libertà, tirerà le sue con- clusioni. Un lettore affezionato Giuseppe samir fadllallah Eid 2005 - Velo islamico? Obbligo religioso solo nell’immagina- rio di certi intellettuali occidentali. Nonostante le pressioni di personaggi che ignorano il mondo arabo e il suo modo di pensare, il “velo islamico” non fa parte della cultura del mondo arabo mediterraneo. E’ chiaro l'intento di forze esterne, ap- poggiate da politici, di voler creare ghetto culturali e comportamentali all'interno del- lo Stato italiano. Da non permettere che i cosiddetti detentori della verità si ergono in difesa della "religione" coinvolgendo cer- ti nostri intellettuali, che spero ingenui ed ignari, facendoli complici delle costrizioni sulla donna quale mezzo di pressione da parte di un’ideologia totalitaria. Prendendo come esempio l’Egitto, paese di origine della donna egiziana citata da Magdi Allam, questo paese può essere considerato erede di tante civiltà ricor- dando Alessandria faro della cultura e del- lo splendore sino alla conquista da parte dell’islam arabo nel secolo VII. Durante il dominio arabo l’università dell’Azhar al Cairo fondata nel decimo secolo, era diven- tata uno dei principali punti di riferimento religioso e non solo, per i musulmani. Con l’arrivo dei Mammelucchi, secolo XIII, le comunicazioni con il mondo occidentale furono pressoché nulle e il paese cadde nell’oblio. All’arrivo di Napoleone il pae- se contava soltanto due milioni di abitanti di cui il 95% erano contadini, fellahin, con le donne che partecipavano ai lavori della terra e non si coprivano la faccia. Il secolo successivo ha visto una grande emancipa- zione delle donne egiziane al punto che nel 1923 con l’elezione della prima donna al parlamento egiziano, il foulard copri testa, e non copri capelli e testa, né copri viso, non viene più portato dalle nuove genera- zioni lequali non sono meno musulmane e fedeli al corano di quelle di oggi. Una consuetudine, quella di coprirsi la testa e capelli, viso escluso, che è subentrata sol- tanto negli ultimi trent’anni dietro pressio- ni morali, fisiche, sociali e finanziarie che vanno sino a proibire, sempre in nome della religione, alla donna di uscire di casa senza il permesso dell’uomo. E questo che vogliamo in Italia per i nostri figli? Chi vuo- le farsi complice di queste costrizioni?

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